“Gesù, conosciuti i loro pensieri, disse: Perché pensate cose malvagie nei vostri cuori?” Matteo 9:4.
Un umorista ha detto che la parola è stata data agli uomini perché potessero nascondere ciò che sono. In effetti le nostre parole vengono spesso usate per nascondere ciò che siamo realmente.
C’è la menzogna del criminale che si ostina a negare persino di fronte a prove schiaccianti; c’è l’arte della diplomazia che fa apparire onorevoli i peggiori tradimenti; c’è la furberia dell’affarista dalla coscienza elastica; c’è l’inganno dell’avvocato che fa passare per innocente il suo cliente colpevole; ma c’è anche quella che si chiama bugia pietosa, che nasconde al malato la sua condizione.
Ma che dire della facilità con la quale ci sforziamo di nascondere a noi stessi la nostra condizione morale, o tendiamo a scusare le nostre mancanze e a sfuggire alle nostre responsabilità? Come dice la Scrittura, “Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo, tu comprendi da lontano il mio pensiero. Tu mi scruti quando cammino e quando riposo, e conosci a fondo tutte le mie vie. Poiché la parola non è ancora sulla mia lingua, che tu, SIGNORE, già la conosci appieno...Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là...Se dico: Certo le tenebre mi nasconderanno e la luce diventerà notte intorno a me, le tenebre stesse non possono nasconderti nulla” Salmo 139.
Dio legge i nostri pensieri come su un libro aperto. Non possiamo nascondergli ciò che nascondiamo agli altri e a volte persino a noi stessi. Invece, quello che Dio ci chiede è di lasciarci penetrare dalla sua luce, di metterci a nudo davanti a Lui, perché arriviamo a confessare umilmente: Sono peccatore, ma la mia sola risorsa è la Tua grazia!