Seguici anche su Facebook!

Seguici anche su Facebook! Unisciti al Gruppo cliccando su:
https://www.facebook.com/groups/287768858057968/

martedì 7 marzo 2023

Perché amarezza?

“Non chiamatemi Naomi; chiamatemi Mara perché l’Onnipotente m’ha riempita di amarezza” Rut 1:20.

La storia che esaminiamo è ambientata storicamente al tempo dei Giudici. In un periodo di carestia, una famiglia di Betlemme di Giuda si trasferisce nel paese di Moab. Marito moglie e due figli si stabiliscono in quelle ricche pianure. Purtroppo, di lì a poco, il marito, Elimelec, muore e la moglie, Naomi, rimane sola con i due figli, che si sposano con due donne del luogo e dopo qualche tempo muoiono anche loro. La donna resta da sola con le due nuore, una di nome Orpa, l’altra di nome Rut.

A questo punto giunge una notizia nelle campagne di Moab: “il SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane” (1:6). Naomi allora decide di partire e si mette in cammino con le sue due nuore per tornare nel paese di Giuda.

Durante il tragitto, non fa nulla per spingere le giovani donne a condividere quel percorso di ritorno; anzi, ricorda loro che, da un punto di vista umano, non ha più nulla da offrire. Anche sotto il profilo spirituale non ha molto da dare. Ad un certo punto esclama: “Io ho tristezza molto più di voi, perché la mano del SIGNORE si è stesa contro di me”. Orpa rinuncia e torna indietro, presso la sua famiglia, Rut invece “è fermamente decisa” a proseguire il cammino, così le due donne giungono infine a Betlemme.

Le vicende della vita di Naomi erano state molto pesanti. Partita in tempi di carestia, insieme al marito e ai figli, aveva perso tutto. Tornava indietro con una delle sue nuore, straniera, appartenente ad un popolo straniero, i Moabiti, che non potevano entrare nell’assemblea del SIGNORE (Deuteronomio 23:3). Giunta a Betlemme con Rut, “la città fu commossa per loro” e la domanda che le donne si ponevano: “E’ proprio Naomi?”, ci fa pensare a quanto questa donna fosse stata segnata dal soggiorno in Moab. In risposta a questa domanda Naomi prorompe in un grido che esprime dolore, tristezza, rabbia: “Non mi chiamate Naomi (mia dolcezza); chiamatemi Mara (amara, triste), poiché l’Onnipotente m’ha riempita d’amarezza. Io partii nell’abbondanza e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l’Onnipotente m’ha resa infelice?” 1:20-21.  Da un punto di vista umano la sua amarezza è comprensibile… ma dal punto di vista spirituale?

In Naomi non si produce un esame di coscienza profondo, un’analisi delle reali cause che avevano condotto a quella situazione così disastrosa. Non sembra che si ponga delle domande sincere sul perché c’era stata la carestia in Israele! Perché invece di riflettere e di riavvicinarsi a Dio, avevano preso la decisione di allontanarsi? Perché stabilirsi in un paese idolatra, quando l’idolatria era stata probabilmente una delle cause della carestia? Perché non tornare indietro alla prima prova incontrata? Perché attendere la notizia che Dio aveva visitato il suo popolo, prima di tornare indietro?

Notiamo che Naomi imputa a Dio l’amarezza che caratterizzava la sua vita. E’ l’Onnipotente che l’ha colmata di amarezza! Naomi, sconvolta dalle conseguenze della disciplina di Dio, non cerca in Lui alcuna consolazione, bensì lo considera il responsabile di tutte le perdite subite. E’ Lui la causa di questa dolorosa situazione. Possiamo affermare tristemente, ma sinceramente, che la perdita di saggezza e di luce nella nostra vita è direttamente proporzionale alla nostra distanza da Dio. La coscienza, il cuore, il discernimento spirituale, perdono ogni sensibilità, se organizziamo la nostra vita senza mai consultare l’Onnipotente. Quando siamo stati per un lungo periodo della nostra vita lontani da Lui, non abbiamo la lucidità di pensiero necessaria per esaminare la nostra condotta. Possiamo dire che più si prolunga il tempo del nostro allontanamento e più è difficile ristabilire una situazione di equilibrio spirituale, che permetta alla nostra anima una piena comunione con Dio.

Possiamo trovare qualcosa di positivo in questa tragedia? Si

Vi è un elemento determinante che vogliamo sottolineare: il ritorno. Tornare, quando ci si è allontanati, non è mai facile! Per andare da Betlemme, città che è a circa 700 metri sul livello del mare, fino alle pianure di Moab, si deve scendere: di conseguenza, quando si torna, la strada è tutta in salita! I ritorni sono sempre in salita! Se dovessimo schematizzare il primo capitolo del libro di Rut, potremmo dire: un versetto per descrivere l’allontanamento, due versetti per rappresentare il soggiorno in Moab e sedici versetti per raccontare il ritorno. Quanto è facile andarsene e, per contro, quanto è duro e penoso il percorso del rientro! Il ritorno però è il primo e fondamentale passo per riavvicinarsi a Dio. Possiamo supporre che, nella decisione di allontanarsi, Naomi abbia subito in qualche misura la scelta del marito. Non sappiamo quanto questo passo fosse condiviso. In ogni caso, è lei che ne subisce maggiormente le conseguenze.  Ora però è tornata. Dal suo punto di vista, torna spogliata di tutto ma, in realtà, Dio l’ha ricondotta.

Ora che è tornata, come può cambiare la storia? Chi può determinare la svolta?

La risposta per Naomi è molto più vicina di quanto lei possa pensare: si tratta di un parente, che si chiama Boaz. Quando questo personaggio entra in scena, di lui ci viene detto che era un uomo potente e ricco.

Il ritorno delle due donne coincide con l’inizio della mietitura dell’orzo, e neppure questa è una casualità.

Rut chiede a Naomi di poter andare a spigolare nei campi “dietro a colui agli occhi del quale avrò trovato grazia” (2:2), e Naomi la lascia andare. In questo contesto è meraviglioso considerare come Dio, nei suoi pensieri, espressi nella legge data al Suo popolo, avesse in vista di provvedere a queste due donne. Nel libro del Deuteronomio (24:19) è detto: “Se mietendo il tuo campo, vi avrai dimenticato qualche covone, non tornare indietro a prenderlo; sarà per l’orfano, per lo straniero e per la vedova, affinché il SIGNORE, il tuo Dio ti benedica in tutta l’opera delle tue mani”. Rut era vedova e straniera, Naomi era vedova: quello che Dio aveva previsto, faceva proprio al loro caso!

Rut va nel campo di Boaz, trova ristoro, mangia di ciò che lui stesso le porge e mette da parte gli avanzi. Questa giovane vedova trova accoglienza, protezione, nutrimento. Quando torna a casa porta con sé una misura di efa d’orzo (35 litri). Alla vista di tanta abbondanza, qualcosa si smuove in Naomi. Dice a Rut: “Benedetto sia colui che ti ha fatto una così buona accoglienza!”. Non era scontato essere accolti, e tantomeno essere accolti così bene! Ma c’è di più: Naomi scopre che il benefattore è Boaz e continua: “Sia egli benedetto dal SIGNORE, perché non ha rinunciato a mostrare ai vivi la bontà che ebbe verso i morti!” e aggiunge: “Quest’uomo è nostro parente stretto; è di quelli che hanno su di noi il diritto di riscatto!” (2:20).

Alcune annotazioni. Naomi pronuncia nuovamente il nome di Dio, ma questa volta lo associa ad una benedizione, ad un favore che avevano ricevuto! Rut era capitata nel posto giusto al momento giusto! Soprattutto aveva incontrato la persona giusta! Frutto del caso (cfr 2:3)? No. Dio stava vegliando su ogni particolare della vita di queste due donne.

Gradualmente la sensibilità spirituale di Naomi si risveglia.

Naomi si ricorda di chi è Boaz: un loro parente stretto. Come tale ha il diritto di riscatto. In Israele, secondo la legge che Dio aveva dato al Suo popolo, se qualcuno, caduto in povertà, avesse ceduto una sua proprietà, il parente più prossimo avrebbe potuto riscattare ciò che il suo fratello aveva venduto. Boaz poteva fare questo. Inoltre, sempre secondo la legge, se un uomo moriva senza lasciare discendenza, il fratello di quest’ultimo si sarebbe unito alla vedova per garantire la continuità della famiglia.

Naomi si ricorda di ciò che ha fatto Boaz: nel passato egli aveva mostrato la sua bontà nei confronti della famiglia di Elimelec. Questo sentimento, manifestato nel passato, era rimasto immutato. Boaz aveva già agito in favore della famiglia di Elimelec ed era pronto a sostenere la causa di Naomi e Rut nel presente. Implicitamente, Naomi ammette l’errore di essersi allontanata. A Betlemme di Giuda c’era da sempre un uomo potente e ricco che aveva aiutato la sua famiglia e che era sempre disposto a sostenerla.