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martedì 15 aprile 2014

Cristo è Dio?

Divinità di Cristo
di Alessio Pancani 

Ora concentriamo il nostro sguardo su ciò che è il Signore.
Egli asserì di essere il Figlio di Dio ed oggetto di una relazione unica ed eterna con Dio.
Ecco cinque esempi:
1. In primo luogo notiamo la stretta relazione con Dio come suo “Padre”, relazione della quale parlava costantemente. Fin da quando era ragazzo dodicenne manifesto uno zelo incondizionato per le cose del Padre celeste: “Ed egli disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?” Luca 2:49. “Gesù rispose loro: Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero” Giovanni 5:17; “Io e il Padre siamo uno” Giovanni 10:30; “Io sono nel Padre...e il Padre è in me” Giovanni 14:10-11; “Il Padre mio l'amerà e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui” Giovanni 14:23. Egli insegnò anche ai suoi discepoli a chiamare Dio “Padre”, ma la sua relazione filiale con Dio era tanto diversa dalla nostra che Egli dovette fare una distinzione fra le due. “Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro” Giovanni 20:17. Non pote dire: “Io salgo al Padre nostro”. I Giudei si indignarono perché: “s'è fatto Figliuol di Dio” Giovanni 19:7. Questo ci conferma che Gesù asseriva di avere una relazione del tutto particolare e addirittura unica con Dio. Era talmente unito a Dio da identificare l'atteggiamento degli uomini verso di Lui con quello verso Dio; perciò conoscere Lui significava conoscere Dio (Giovanni 8:19 14:7); vedere Lui era vedere Dio (Giovanni 12:45 14:9); credere Lui era credere Dio (Giovanni 12:44 14:1); odiare Lui era odiare Dio (Giovanni 15:23) e onorare Lui era onorare Dio (Giovanni 5:23).
2. In secondo luogo affermò di essere Eterno. Notiamo la progressione degli eventi: “In verità, in verità vi dico che se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte”. Era troppo per i suoi critici ascoltatori. “Sei tu forse maggiore del padre nostro Abraamo il quale è morto? Anche i profeti sono morti” ribattono “chi pretendi di essere?” . E Gesù replica. “Abraamo, vostro padre, ha gioito nell'attesa di vedere il mio giorno”. I Giudei ancora più perplessi incalzano: “Tu non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abraamo?”. E Gesù risponde con una delle sue affermazioni più dense di significato: “In verità, in verità vi dico: prima che Abraamo fosse nato, io sono” Giovanni 8:51-58. Allora presero delle pietre per tirargliele. Con la lapidazione la legge di Mosè puniva la bestemmia. Il Signore aveva affermato di essere vissuto prima di Abramo, e l'aveva ripetuta spesso; aveva detto di essere “disceso dal cielo”. Affermazioni intollerabili. Notiamo che non aveva detto “Prima che Abramo fosse io ero”, bensì “io sono” dichiarando di essere vissuto eternamente, prima di Abramo. Ma non è tutto; in questo “io sono” non c'è una semplice affermazione di eternità, c'è ne anche una di divinità: “io sono” è il nome divino con il quale l'Eterno aveva rivelato se stesso a Mosè nel pruno ardente: “Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse: «Dirai così ai figli d'Israele: "l'IO SONO mi ha mandato da voi” Esodo 3:14. E Gesù attribuì senza nessuna esitazione questo titolo divino a se stesso.
3. Il terzo esempio di diretta affermazione di divinità lo abbiamo dopo la resurrezione. La prima domenica dopo la Pasqua, l'incredulo Tommaso è con gli altri discepoli quando il Signore appare e lo invita a toccare le sue piaghe, e Tommaso nel suo immenso stupore esclama: “Signore mio e Dio mio!” (Giovanni 20:26:29). Gesù accetta questo appellativo; rimprovera Tommaso per la sua incredulità, ma non per la sua adorazione.
4. In molte occasioni Egli esercitò funzioni esclusive di Dio e si attribuì prerogative essenzialmente divine. Asserì di poter rimetter i peccati; in due occasioni perdonò dei peccatori. Un giorni portarono un paralitico che calarono dal tetto e il Signore stupì la folla dicendo “Figliolo i tuoi peccati ti sono rimessi” Marco 2:5. Un'altra volta rimesse i peccati ad una donna (peccatrice). Gesù le disse “I tuoi peccati ti sono perdonati” Luca 7:48. In entrambi i casi i presenti stupiti affermarono “Chi è costui che perdona anche i peccati?” Le loro obiezioni erano giuste, chi può rimetter i peccati se non Dio? Poi descrisse se stesso come “il pane della vita” (Giovanni 6:35), “La vita” (Giovanni 14:6) e “la resurrezione e la vita” (Giovanni 11:25): "acqua viva" (Giovanni 4:10), e affermò al giovane ricco che seguirlo voleva dire rispondere al suo desiderio di ereditare la vita eterna (Marco 10:17-21). Chiama se stesso il Buon Pastore, che non solo da la vita per le pecore, ma da vita a loro (Giovanni 10:28); afferma di aver ricevuto da Dio l'autorità di concedere la vita eterna a coloro che il Padre gli ha dati (Giovanni 17:2), e asserisce che “Il Figliuolo vivifica hi vuole” (Giovanni 5:21).
5. La quinta affermazione, forse la più strana di tutte: Egli affermò che avrebbe giudicato il mondo. In diverse parabole egli aveva preannunciato che sarebbe tornato per un giudizio finale nei confronti del mondo. Sarà Lui a risuscitare d'infra i morti (Giovanni 5:28-29) e tutte le nazioni si raduneranno davanti a Lui; Egli siederà sul trono della sua gloria ed ogni giudizio spetterà a Lui. (Giovanni 5:22). Separerà gli uni dagli altri e alcuni di loro udranno quelle parole spaventose: “Andate via da me, maledetti nel fuoco eterno” (Matteo 25:31-46). Non solo Lui sarà il giudice ma il criterio di giudizio sarà determinato dall'atteggiamento che gli uomini avranno assunto dinanzi alle sue parole. Egli riconoscerà davanti al Padre suo coloro che lo avranno riconosciuto dinanzi agli uomini (Matteo 10:32-33) e rinnegherà quanti lo hanno rinnegato. Basterà che ad alcuni dica “Io non ti ho mai conosciuto” perché costui sia gettato nel luogo del pianto e dello stridor dei denti.