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lunedì 14 aprile 2014

Dalla mangiatoia alla croce

Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza… era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna. 
Isaia 53:3

Un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui. 
Daniele 9:26


Per Giuseppe e Maria non c’era stato posto nell’albergo di Betlemme. Durante gli anni del suo ministero sulla terra, Gesù non aveva “dove posare il capo” (Matteo 8:20). Ha insegnato la Parola di Dio con devozione, ma è stato incompreso e ha incontrato ostilità e disprezzo. Come ben dice un Salmo: “Se ne va piangendo colui che porta il seme da spargere” (Salmo 126:6).
Volgendo lo sguardo verso Gerusalemme, la città che avrebbe dovuto accoglierlo con gioia, Gesù piange (Luca 19:41, 42) e dice: “Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto!” (Matteo 23:37). Poco dopo uscirà da quella città portando la sua croce, circondato da una folla ostile, e si lascerà inchiodare su quel legno. “Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca” (Isaia 53:7). Con la condanna a morte di Gesù e la crocifissione, l’odio degli uomini ha raggiunto il suo apice. 
Come risponderà Dio a tanta crudeltà? Distruggerà e giudicherà i nemici del suo amato Figlio? Per ora no; dal costato di Cristo, trafitto dalla lancia di un soldato romano, è scaturito il sangue che purifica da ogni peccato tutti coloro che credono, compresi i suoi nemici, se si ravvedono. Si capisce, allora, perché è scritto che l’ira di Dio rimane su chi rifiuta di credere (Giovanni 3:36). 
Vorremmo che anche tu potessi dire con riconoscenza: il “Figlio di Dio… mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Galati 2:20).