Leggere ATTI 6:1/15
Ü Mormorare.
Il numero dei credenti cresceva, i beni erano messi in comune e
distribuiti a ciascuno secondo il suo bisogno. C’era, senza dubbio, di che
rallegrarsi per la grazia del Signore. Ma all’aumento numerico segue
l’aumentare dei problemi. Se all’inizio del capitolo 5 il problema era il dare, qui il problema è: il ricevere.
Nell’assistenza quotidiana venivano trascurate alcune sorelle che
erano rimaste vedove e se queste si siano lamentate e con chi il passo non ce
lo precisa, resta il fatto che il problema esiste e se ne parla. Forse è
iniziato in sordina (Salmo 106:25), ma presto diventa di dominio pubblico.
Il mormorare nasce sempre da qualche fondamento quando si tratti
di un mormorio in mezzo a credenti, ma implica, allo stesso tempo, scontentezza
e può portare alla disputa (Filippesi 2:14).
Ü Gli
apostoli.
Gli apostoli si fanno carico
anche di questo problema. Ma ci sono cose che hanno per loro la priorità: la
Parola di Dio (2), la preghiera ed il ministero della Parola (4). Sarebbe stata
una cosa sconveniente trascurare queste cose per occuparsi loro delle mense.
Avanzano dunque una proposta, quella di trovare in mezzo a loro uomini a cui
poter affidare quest’incarico. Una soluzione semplice, ma che trova
accoglimento da parte della Chiesa di Gerusalemme (5).
Ü I
diaconi.
Sono scelti sette uomini. Di loro si rende buona testimonianza,
sono pieni di Spirito e di sapienza (5) ed è evidente che se la moltitudine può
dire questo di loro è perché, precedentemente, lo hanno dimostrato. Regolando
il diaconato, Paolo scriverà a Timoteo: “siano
prima provati; poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili” (1 Ti.
3:10). Molto spesso questo viene disatteso e si affidano incarichi a fratelli
che hanno una certa posizione nella chiesa locale, ma che non sono idonei per
un certo servizio, o solo perché sono gli unici che si fanno avanti; ma la
Parola ci dice che non sono e non devono essere questi i criteri della scelta.
Ü Stefano.
In mezzo a questi sette diaconi ne spicca uno: Stefano. Di lui
possiamo segnalare tre cose:
·
La sua attività (8/9). In mezzo al popolo mostra
la sua grazia e il Signore può usarlo per operare segni e prodigi che
contribuiscono alla Sua testimonianza;
·
La sua parola di saggezza (10/14). Inutilmente si discute
con lui. La sua sapienza nelle cose di Dio è tale che non gli si può resistere.
Il solo modo di fermarlo è istigare
falsi testimoni che dicano che bestemmia
contro Mosè e contro Dio (11), contro il luogo santo e la legge (13) trascinarlo
davanti al Sinedrio e accusarlo falsamente.
·
La sua apparenza (15). Ma ciò che il Sinedrio
vede non è un uomo provato dalle false accuse, dalla paura di un’eventuale
condanna, ma, al contrario, un “volto
simile a quello di un angelo”.