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sabato 26 aprile 2014

La condanna di un giusto

Leggere ATTI 7:54 – 8:4

Il Sinedrio.
Stefano aveva fatto passare davanti agli occhi dei suoi accusatori tutta la storia del popolo di Dio dimostrando, da una parte, la bontà e la misericordia di Dio e, dall’altra, la durezza e l’opposizione del popolo.
Ora il Sinedrio doveva solo valutare i fatti e due potevano essere le alternative:
·         o fermarsi a riflettere in vista di un ravvedimento,
·         o insistere nella loro cecità e accanirsi contro Stefano.
Essi avevano già ricevuto la testimonianza di Pietro (5:29/31) e avevano certamente visto come anche alcuni Sacerdoti si erano convertiti (6:7) ma la loro ferocia non si placa e digrignavano i denti (54) contro Stefano, triste preludio della loro condizione eterna (Matteo 22:13). Ed è lo stesso di ogni uomo che rifiuta di riconoscersi peccatore davanti alla bontà di Dio che lo invita al ravvedimento (Romani 2:4).

Stefano il martire.
Stefano fissa gli occhi al cielo e che altro può vedere se non il Suo Signore “in piedi alla destra di Dio” (56).
La calma di Stefano contrasta con la rabbia dei suoi accusatori. Tutto il suo essere è coinvolto in questa scena.
·         I suoi occhi, per vedere la gloria del Figliol dell’uomo,
·         Le sue ginocchia, per pregare per i suoi assassini,
·         La sua bocca per invocare il Suo Signore,
·         Il suo corpo per ricevere le pietre scagliate dalla ferocia altrui.
Davanti a questa scena non possiamo che fermarci commossi a riflettere su un tale “uomo di Dio” e pensare che aveva cominciato il servizio per il suo Signore come “semplice” diacono.

Un testimone oculare.
Ad assistere a tutto questo un giovane (58), che ha l’incarico di custodire i mantelli di coloro che lapidavano Stefano, forse, perché questi non si sporcassero di sangue o per rendere più agile il lancio delle pietre. Testimone oculare, che ne approva l’uccisione.
Questa scena non basterà neppure a lui per fermarsi a riflettere, anzi sarà un spinta a continuare su quella strada devastando la Chiesa, perseguitando i cristiani “di casa in casa” senza risparmiare né uomini, né donne (3).

L’evangelo si spande.
È a causa di questa persecuzione che i discepoli lasciano Gerusalemme e, così facendo, portano l’evangelo nei luoghi verso i quali fuggono. Potremmo dire, paradossalmente, è a causa dell’odio dell’uomo che l’evangelo è annunziato. Ma non è questo che noi dobbiamo attendere per parlare e testimoniare della nostra fede.


D.C.