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venerdì 2 maggio 2014

Il “Cantico di Debora”

Leggere - GIUDICI 5:1/31

G  Il tema del cantico.
La prima cosa che deve suscitare una vittoria è la lode. Non importa se a cantare è l’intero popolo, (cfr. Esodo 15:1), o un uomo e una donna (1), è il soggetto della lode che ha importanza: “io canterò all’Eterno” (3) e lo scopo è di esaltare la Sua grazia.
Questo cantico viene intonato perché Dio ha suscitato dei servitori che si sono messi alla testa di un popolo che ha dimostrato la sua volontà nell’agire contro il nemico (2) e viene cantato di fronte ai re di questo mondo (3) come una testimonianza per ciò che Dio ha operato per mezzo loro.
Le allusioni alle montagne di Seir e del Sinai richiamano alla memoria la benedizione profetica di Mosè (Deuteronomio 33:2) e questo ci fa capire che niente era cambiato da parte di Dio. È incoraggiante per noi sapere che da parte di Dio non cambia niente nel tempo. Anche oggi opera a favore dei Suoi e “ciò che era dal principio” (1 Giovanni 1:1) resta vero nell’ “ultima ora” (1 Giovanni 2:18).

G  I tempi di Samgar (6/8).
In pochi versetti viene descritto lo stato del popolo: mancano i capi, ci si rivolge al altri dei, la guerra è alle porte, mancano le armi anche se in Israele vi sono quarantamila uomini che avrebbero potuto impugnarle (8).
Lo stato di rovina non deve essere una scusante ma occorre alzarsi seguendo l’esempio di Debora (7). Il quadro dei nostri giorni è molto simile. Chi di noi  risponderà alla chiamata del Signore? Chi è pronto come Samuele a rispondere con le parole: “parla poiché il tuo servo ascolta” (1 Samuele 3:10) e come Isaia: “eccomi manda me” (Isaia 6:8)?

G  La buona volontà
non mancò in Israele, come forse non manca a molti oggi, ma da sola non basta. Possiamo prendere delle belle risoluzioni di cuore come i Rubeniti (15/b e 16/b), ma poi all’atto pratico rimanere all’ascolto dei flauti dei pastori (16/a – figura dei piaceri della vita) o come Galaad rimanere nella propria casa o come Dan e Ascer ai nostri traffici ed i nostri affari (17) o, peggio ancora, come gli abitanti di Meroz che opposero un netto rifiuto (23).
Per essere pronti al combattimento dobbiamo mettere da parte tutto ciò che è d’impedimento: “uno che va alla guerra non s’immischia in faccende della vita, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato” (2 Ti moteo 2:4). Se alla buona volontà corrisponde decisione ed energia, se alle parole corrispondono i fatti allora potremo salire come fecero Efraim, Beniamino, Zabulon ed Issacar (14/15). Siamo pronti a “rischiare la vita” (18) nella consapevolezza che sarà il “cielo” a combattere per noi (20)?

G  Iael.

Ciò che Iael ha fatto nel segreto della sua tenda verra ricordato per semre. Niente di ciò che facciamo per il Signore verrà dimenticato, e come è certa la nostra lode da parte Sua, è certo il giudizio dei nostri nemici. Verrà il tempo in cui tutto sarà palese.