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giovedì 22 maggio 2014

22 Maggio

La fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono.
Ebrei 11:1

Poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni... corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù.
Ebrei 12:1-2

Sulle navi chiamate galere

"Andare in galera", o "è una galera", oggi sono espressioni banali. Ma sapete chi erano quelli che venivano mandati alle galere sotto il regno di Luigi XIV in Francia? Erano dei prigionieri comuni, certo, ma anche persone innocenti definite "eretici". Fra il 1685 e il 1752, sono state contate 7370 condanne di veri credenti che preferivano morire piuttosto che rinnegare la fede. Marchiati a fuoco con tre lettere infamanti (GAL), designati con il numero di matricola della prigione, incatenati al collo con un assassino o un rapinatore, aspettavano di partire per le galere reali. Là remavano fino alla morte, costretti alla cadenza imposta a colpi di frusta dalle guardie della ciurma. 
Quando erano ancora in prigione cantavano. Sulla lunga strada fino a Marsiglia, cantavano. Sul mare si elevava il canto dei Salmi. Come i primi cristiani, si rallegravano "di essere stati degni di essere oltraggiati per il nome di Gesù" (Atti 5:41). Come l'apostolo Paolo e il suo compagno di cella Sila, che "cantavano inni a Dio; e i carcerati li ascoltavano" (Atti 16:25). Persino nella sofferenza essi manifestavano la gioia di essere testimoni del solo grande Dio, proclamavano la loro speranza e la loro fiducia. 
Chi erano i vincitori, i veri uomini liberi? quei galeotti o i loro carnefici? Erano quelli che potevano dire: "Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità?... In tutte queste cose noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati" (Romani 8:35,37).