Giobbe 35:9,10
Un canto nella notte
Immaginiamo la scena descritta al capitolo 16 (v. 16-34) del libro degli Atti. Siamo a Filippi, piccola città della Macedonia. Passeggiamo vicino alla prigione. È mezzanotte. All'improvviso, ci sembra di sentir cantare. Sono chiaramente dei cantici. Li riconosciamo facilmente, perché non sono delle grida di rivolta né di sofferenza. Sono delle voci di uomini. Ma il canto è molto calmo, un'armonia serena. Il canto proviene proprio dalla prigione. È possibile che dei prigionieri possano cantare in questo modo? Sì, Paolo e Sila, che predicavano l'evangelo, sono sereni, anche se rinchiusi nella prigione. I soldati che li hanno portati lì li hanno frustati ripetutamente. Nessuno si è occupato delle loro piaghe. Anzi, il carceriere ha messo ai loro piedi dei pesanti ceppi.
Ma come potevano ancora cantare le lodi di Dio? Essi pregavano e il Signore Gesù era accanto a loro. Il Signore fa persino venire un terremoto e le porte della prigione si aprono. Così i due prigionieri sono liberi, ma non fuggono. Erano lì per annunciare la salvezza per grazia.
Il carceriere credette il messaggio dell'Evangelo. Ospitò i prigionieri a casa propria. Curò le loro piaghe; e presto fu battezzato, lui e tutti i suoi. "Che debbo fare per essere salvato?" aveva chiesto a Paolo e Sila. "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato", fu la risposta. È una risposta che vale anche per voi.