“Dio... parla per via
di sogni, di visioni notturne…” (Giobbe 33:14-15)
“Giuseppe il marito di Maria” è l’appellativo col quale questo
personaggio è introdotto nell’Evangelo di Matteo, all’interno della genealogia
del Signore secondo la linea regale di Davide.
Di lui ci è subito detto che era
un uomo giusto (Matteo 1:19).
Probabilmente, la sua giustizia
davanti a Dio non si limitava alla stretta osservanza, per quanto gli era
possibile, di quanto stabilito dalla legge; infatti, se un uomo avesse scoperto
la propria fidanzata-moglie incinta avrebbe potuto rendere pubblica la cosa e
farla lapidare (Deuteronomio 22). In Giuseppe troviamo una sensibilità non
comune: non volendo esporre la sua fidanzata ad infamia “si propose di
lasciarla segretamente” (Matteo 1:19). Sicuramente amava Maria e conosceva la
sua pietà, per cui quello che stava accadendo doveva apparirgli molto strano.
Ma in tali circostanze, mentre Giuseppe aveva questo turbamento “e queste cose
nell’animo”, Dio si rivela a lui: un angelo gli appare in sogno e gli spiega
cosa stava accadendo, cosa sarebbe avvenuto, e che tutto era il compimento
della volontà di Dio.
E’ bello considerare che in entrambe
le apparizioni angeliche che annunciavano la nascita del Signore a Giuseppe e a
Maria, è espressamente detto che quanto stava avvenendo era opera dello Spirito
Santo e che il bambino si sarebbe chiamato Gesù. Questo era per Giuseppe il
sigillo e la dimostrazione che effettivamente tutto quanto avveniva era voluto
da Dio, e che le cose che probabilmente gli avrà raccontato la sua fidanzata
corrispondevano a verità. Ci colpisce il fatto che quest’uomo timorato di Dio
esegua con prontezza e piena fiducia l’ordine divino: “Giuseppe, destatosi dal
sonno, fece come l’angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua
moglie” (Matteo 1:24).
Di lì a qualche tempo, dopo la
nascita del bambino e la visita dei magi, ecco sorgere un grave pericolo: Erode
voleva far uccidere Gesù. Ma ecco che, subito dopo la partenza dei magi, un
angelo apparve in sogno a Giuseppe dicendogli di fuggire in Egitto e di restare
là fino a quando non vi fosse stata una nuova comunicazione da parte di Dio. Ci
è detto che Giuseppe “prese di notte il bambino e sua madre e si ritirò in
Egitto” (Matteo 2:14). Anche in questo caso si può notare come quest’uomo abbia
agito con ubbidienza e dipendenza dalla parola di Dio; lo vediamo dall’immediatezza
con cui si alzò di notte e dalla risolutezza nell’eseguire quanto Dio gli aveva
ordinato.
In questo caso possiamo notare
che l’esecuzione di quanto gli era stato rivelato ha portato a compimento la
profezia del profeta Osea: “Fuori d’Egitto chiamai il mio figliuolo” (Osea
11:1).
Dopo la morte di Erode, l’angelo
del Signore apparve nuovamente in sogno a Giuseppe dicendogli di tornare nel
paese di Israele perché erano morti tutti quelli che cercavano di uccidere il
bambino. Anche in questo caso, in ubbidienza alla rivelazione divina, prese il
bambino e rientrò nel paese di Israele. Ma ecco sorgere una potenziale
difficoltà: in Giudea regnava Archelao al posto di Erode, e ci è detto che Giuseppe
ebbe paura ad andare là. Dio, che conosce ogni cosa e vede le nostre paure,
risponde ai bisogni del cuore di quest’uomo fedele, che venne nuovamente
avvertito in sogno e si ritirò nella regione della Galilea, nella città di
Nazaret. Anche questo portò a compimento la parola di Dio, secondo quanto era detto
dai profeti, cioè che il Signore Gesù “sarebbe stato chiamato Nazareno”.
Gli episodi della vita di Giuseppe
e il suo comportamento sono un notevole insegnamento per tutti noi.
Innanzitutto possiamo dire che aveva una fede assoluta e incondizionata nei
confronti di Dio. In particolare, una fede che è capace di credere
all’impossibile, ai miracoli, a cose che possono essere compiute soltanto da Lui,
come il concepimento per opera dello Spirito Santo. Una fede che è capace di
fondarsi sulla potenza di Dio che è in grado di liberare anche dalle minacce
dei potenti. Abbiamo noi la stessa fede?
Il fatto di avere fede comporta
allo stesso tempo di essere ubbidienti, e tutti gli episodi considerati nella
vita di Giuseppe denotano una ferma ubbidienza a tutto quanto Dio gli ordinava.
Non vi è mai stato il minimo dubbio o tentennamento nel mettere in pratica ciò
che Dio gli chiedeva.
Vi è un’altra caratteristica che
possiamo notare nella vita di quest’uomo e che si accompagna sempre alla fede e
all’ubbidienza: la dipendenza da Dio.
Giuseppe sapeva che Dio sarebbe
intervenuto al momento opportuno nella sua vita. E per questo si abbandonava
completamente a Lui; gli aveva detto: “Fuggi in Egitto e restaci finché io non
te lo dico” (Matteo 2:13) e, considerando la storia, questo periodo durò almeno
un anno, perché di Giuseppe ci è detto che “là rimase fino alla morte di Erode”
(Matteo 2:15).
Che possiamo con l’aiuto di Dio
imitare questo esempio che ci offre delle lezioni incoraggianti per la nostra
vita di fede.
Possono accadere delle vicende
nella nostra vita che appaiono incomprensibili, che possono turbarci
profondamente nell’animo, come per Giuseppe la notizia che Maria era incinta;
ma Dio che conosce i cuori interviene e si rivela a lui.
Ci sono delle altre circostanze
in cui possiamo avere paura di cose che potrebbero accaderci; anche in questo
caso Dio interviene e trova Egli stesso la soluzione che riporta la pace nel
nostro cuore.
Oltre a tutto questo, dalla vita
di questo personaggio fedele emerge il fatto che è stato uno strumento utile
nelle mani di Dio per poter mettere in atto la sua Parola profetica;
lui era a capo della famiglia dove è nato e cresciuto il Signore Gesù. Che
compito importante! Possa essere così anche di noi, utili e fedeli strumenti
nelle mani di Dio per svolgere il compito che ci ha affidato.
C. Casarotta